Recensione: Agnes Grey

All’incontro di del gruppo Liberi, ho accennato alla mia passione per la letteratura inglese femminile, in particolare per le sorelle Brontë; ebbene, dopo Jane Eyre vi propongo il libro di Anne Brontë, che è sicuramente il meno conosciuto dei romanzi delle tre sorelle, ma questo perchè è molto particolare. Jane Eyre rappresenta lo stereotipo del romanzo romantico, con la storia d’amore e il mistero che avvolge il Signor Rochester, mentre Anne, nello scrivere Agnes Grey non è stata cosi all’avanguardia come la sorella: la protagonista è molto meno attiva rispetto a Jane, quasi apatica, affida tutto nelle mani di Dio, e non si abbandona mai ai sentimenti. Tuttavia c’è un grande lavoro di introspezione psicologica, forse addirittura più che in Jane Eyre, poichè il romanzo risulta privo di una vera trama, quindi si concentra soprattutto sulle riflessioni della protagonista, che dunque pensa tanto ma agisce poco.

Anche qui c’è una storia d’amore, che però stavolta è più una storia d’amore spirituale, in quanto coinvolge Mr. Weston, il pastore del villaggio; immaginatevi quindi una ragazza cosi timida e pudica, insieme con un pastore: risulta evidente che essa sarà una storia d’amore poco intensa, senza emozioni, volta solo a ribadire i concetti morali più volte esposti nel libro.

Sono proprio i modelli di comportamento a costituire il filo conduttore del romanzo, in quanto nelle sue riflessioni la protagonista dà sempre il suo giudizio su cosa è giusto fare, ovvero seguire i precetti morali senza mai abbandonarsi alle passioni. Tuttavia, se il libro sembra a prima vista non sembra molto innovativo, Anne riesce a stupirci e ad affascinarci inserendo nel romanzo il femminismo, come del resto aveva fatto la sorella, dando alla protagonista un’inaspettata indipendenza: Agnes dunque, dipende solo da Dio, ma non si farà mai sottomettere da altri, specie se uomini.

Chiudo dicendo che se dovessi scegliere un aggettivo per descrivere il libro sarebbe “interessante”, perchè effettivamente non ha una storia molto coinvolgente, ma offre un’analisi psicologica dei personaggi che io non avevo mai visto prima, che affascina e fa davvero capire com’era la società Inglese nella realtà vera (cioè non nella realtà circoscritta alla casa del Signor Rochester come in Jane Eyre).

CITAZIONE (che riporto in Inglese perchè l’ho letto in lingua originale): “It is foolish to wish for beauty. Sensible people never either desire it for themselves or care about it in others. If the mind be but well cultivated, and the heart well disposed, no one ever cares for the exterior”

VOTO: 8-

-Denise

The century-la trilogia del 1900

Cinque famiglie di diversa origine ed estrazione sociale seguite attraverso il secolo più importante della storia fino ad ora.


Così può essere brevissimamente descritta la trilogia di the century, scritta da Ken Follet, che si compone di tre libri: “La caduta dei Giganti”, “L’inverno del Mondo” e “I giorni dell’Eternità”. Ogni libro è lungo circa mille pagine (come quasi tutti i romanzi di Follet)  attraverso le quali sono descritte le avventure, i drammi e gli intrecci di cinque famiglie: una di nobili inglesi, una di nobili tedeschi, una di minatori gallesi, una di proletari russi e una di borghesi americani. Queste vivranno attraverso quattro generazioni e 100 anni di storia varie sorti e ascenderanno al potere o cadranno in disgrazia mostrando i cambiamenti e i paradossi del secolo che più di tutti ha dimostrato la potenza dell’intelletto umano, nel bene e nel male.

Recensione: Jane Eyre

Non pensavo che mi sarei potuta emozionare tanto per un libro scritto nell’800. Pensavo sarebbe stato “antico” e noioso; invece Charlotte Brontë ha scritto un romanzo di una modernità impressionante, in cui l’unica differenza con la nostra epoca è il diverso modo di vestire.

Jane, una ragazza che non è come le altre, non si sottomette a niente e a nessuno, è indipendente e non crede all’inferiorità delle donne: un’antesignana del femminismo, che con il suo carattere ha scandalizzato l’Inghilterra Puritana di quei tempi, soprattutto perchè appare chiaro come la protagonista sia in realtà un mezzo utilizzato dall’autrice per divulgare le sue opinioni critiche nei confronti della società, soprattutto maschile. E il femminismo di Charlotte si nota anche nella storia d’amore tra Jane e il Signor Rochester, in cui per la prima volta è la donna a “sottomettere” l’uomo e a dimostrare la sua indipendenza. Certo, le vicende amorose sono ben narrate, grazie anche all’aggiunta di particolari tipici del Gothic Romance Inglese, quali il personaggio di Bertha Mason, la quale crea un senso di mistero volto anch’esso ad aumentare la suspance della storia; ma il tratto fondamentale del libro è, a mio parere, la modernità che caratterizza non solo i personaggi, cui Charlotte si dedica con un’attenta introspezione, ma anche il lessico utilizzato, che è volto sempre a criticare la società e a dare più importanza alla donna.

All’inizio dunque ero parecchio scettica, ma più andavo avanti, più mi accorgevo di essere “presa” dal libro in un modo che non mi sarei mai aspettata, perchè è un libro che non stanca, che coinvolge e che ti fa commuovere, tanto che è impossibile non piangere leggendo le ultime pagine, [SPOILER] nonostante ci sia un lieto fine.

CITAZIONE: “In genere si suppone che le donne siano molto calme; ma le donne hanno gli stessi sentimenti degli uomini: hanno bisogno di esercitare le loro facoltà, e di una palestra per i loro sforzi, al pari dei loro fratelli. Soffrono per una costrizione troppo rigida, per un troppo completo ristagno esattamente come soffrirebbero gli uomini; ed è segno di ristrettezza mentale sostenere che queste creature privilegiate dovrebbero limitarsi a infornar sformati, far la calza, suonare il piano e ricamar borsette. E’ stupido condannarle e prendersi gioco di loro se cercano di fare ed imparare più di quanto il costume abbia stabilito necessario per il loro sesso”

VOTO: 9.5

-Denise

Per amore o per denaro?

Cari lettori, mi rivolgo a quelli tra voi che hanno letto il famoso libro di Jane Austen Orgoglio e pregiudizio, consigliando d’altra parte vivamente a chi non l’avesse letto di farci un pensiero, se non altro per amore della cara vecchia cultura.
È un romanzo piacevole, sottile, ironico, introspettivo eppure scritto in modo semplice, a cui fanno da sfondo le tradizioni, vagamente superficiali, e la società inglese degli inizi dell’800, coi i suoi pregi ed i suoi difetti. Vi garantisco insomma che paradossalmente siamo più vicini ad un moderno Bianca come il latte, rossa come il sangue che, per esempio, al romanzo storico russo di fine ‘800 (ricordiamo Dostoevskij, non certo noto per la sua leggerezza).
La questione che vorrei porre, a questo punto, è la seguente: nel corso del romanzo vengono davvero superati i pregiudizi o rimane sempre un’ipocrisia di fondo?
Mi spiego meglio: come sa chi ha letto il libro, Elizabeth, la protagonista, inizialmente non è per nulla attratta dal signor Darcy e prova addirittura per lui un senso di repulsione, un’antipatia che pare reciproca. Se dunque lui, nel corso della storia, si innamorerà della povera borghese di ceto sociale inferiore al suo, irriverente, orgogliosa, testarda e poco istruita, superando così ogni forma di pregiudizio e mettendo da parte l’orgoglio personale per puro sentimento, per pura passione… sono più dubbi i motivi che spingono lei ad innamorarsi. Infatti, per quanto Elizabeth si renda conto col tempo di aver avuto un’impressione sbagliata del signor Darcy, che si dimostra uomo onorevole e quasi gentile, la svolta che la porterà a cambiare definitivamente idea e ad innamorarsi avverrà dopo la visita alla tenuta di lui nel Derbyshire.
Èggia.. Elizabeth si rende conto che il signor Darcy è veramente ricco, possiede una casa stupenda, ha un’ottima rendita e vive in un posto meraviglioso.
Improvvisamente non pare poi un così pessimo partito.
Non è allora infine inconsapevole attrazione dovuta alla ricchezza, alla prospettiva di una rapida ascesa sociale, a legare la ragazza all’uomo prima tanto odiato?
Questo è ciò che mi sono chiesta io, a lettura conclusa, perché, anche se l’autrice non pare dare connotazione negativa in tal senso al personaggio di Elizabeth, mi è rimasta questa fastidiosa sensazione di ipocrisia, di forzatura. Si tratta di una provocazione ma… Voi cosa ne pensate?? 🙂
-Vale
(Immagine: Greer Garson e Laurence Olivier nell’adattamento cinamatografico di Robert Z. Leonard del 1940)pride-and-prejudice-200-years-cover

Il nuovo Lib(e)ri!

Finalmente ci siamo!

Ho preparato il depliant di presentazione del gruppo (che trovate tra le pagine come “Lib(e)ri! si rinnova!”), siamo presenti come link diretto dalla pagina del Mascheroni, siamo piene di entusiasmo e di voglia di cominciare! La prima riunione sarà venerdì 30 ottobre alle 14.00. Ora tocca anche a voi, scrivete, scrivete, scrivete!