Recensione: Jane Eyre

Non pensavo che mi sarei potuta emozionare tanto per un libro scritto nell’800. Pensavo sarebbe stato “antico” e noioso; invece Charlotte Brontë ha scritto un romanzo di una modernità impressionante, in cui l’unica differenza con la nostra epoca è il diverso modo di vestire.

Jane, una ragazza che non è come le altre, non si sottomette a niente e a nessuno, è indipendente e non crede all’inferiorità delle donne: un’antesignana del femminismo, che con il suo carattere ha scandalizzato l’Inghilterra Puritana di quei tempi, soprattutto perchè appare chiaro come la protagonista sia in realtà un mezzo utilizzato dall’autrice per divulgare le sue opinioni critiche nei confronti della società, soprattutto maschile. E il femminismo di Charlotte si nota anche nella storia d’amore tra Jane e il Signor Rochester, in cui per la prima volta è la donna a “sottomettere” l’uomo e a dimostrare la sua indipendenza. Certo, le vicende amorose sono ben narrate, grazie anche all’aggiunta di particolari tipici del Gothic Romance Inglese, quali il personaggio di Bertha Mason, la quale crea un senso di mistero volto anch’esso ad aumentare la suspance della storia; ma il tratto fondamentale del libro è, a mio parere, la modernità che caratterizza non solo i personaggi, cui Charlotte si dedica con un’attenta introspezione, ma anche il lessico utilizzato, che è volto sempre a criticare la società e a dare più importanza alla donna.

All’inizio dunque ero parecchio scettica, ma più andavo avanti, più mi accorgevo di essere “presa” dal libro in un modo che non mi sarei mai aspettata, perchè è un libro che non stanca, che coinvolge e che ti fa commuovere, tanto che è impossibile non piangere leggendo le ultime pagine, [SPOILER] nonostante ci sia un lieto fine.

CITAZIONE: “In genere si suppone che le donne siano molto calme; ma le donne hanno gli stessi sentimenti degli uomini: hanno bisogno di esercitare le loro facoltà, e di una palestra per i loro sforzi, al pari dei loro fratelli. Soffrono per una costrizione troppo rigida, per un troppo completo ristagno esattamente come soffrirebbero gli uomini; ed è segno di ristrettezza mentale sostenere che queste creature privilegiate dovrebbero limitarsi a infornar sformati, far la calza, suonare il piano e ricamar borsette. E’ stupido condannarle e prendersi gioco di loro se cercano di fare ed imparare più di quanto il costume abbia stabilito necessario per il loro sesso”

VOTO: 9.5

-Denise

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